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Ko sulla Verte


Ko sulla Verte
 
( di Nicola Andreini )
 
Si narra che uno dei più lunghi capitomboli della storia dell'alpinismo, con conseguenze invero sorprendentemente irrisorie, sia stato quello occorso ai ginevrini Greloz e Vaullet  lungo il canalone Couturier.  Tal canalone, insieme al limitrofo Cordier, quest'ultimo ornato da sospetti seracchi pensili, rappresenta il principale accesso al versante nord dell'Aiguille Verte. Correva l'anno 1932,  un interminabile volo di 700 metri riconsegna  alla vita anche il più celebre dei due, Greloz vincitore due anni prima della temuta nord del Triolet.
Le condizioni niveo glaciali di quasi 100 anni fa poco avevano a condividere con le odierne. I pendii basali erano ben gonfi di neve e ghiaccio e quindi meno ripidi. Le terminali raramente aperte oltremisura come accade oggi.
Ho scoperto questo notevole episodio solo al ritorno dalla mia visita alla Verte e alla Grande Rocheuse. Il buon alpinista dev'essere anche un buon studente,  versato in storia e geografia, sempre attento e vorace di libri, riviste specialistiche e  con qualche incursione, da non sopravvalutare, in rete.
La Verte ha voluto essere magnanima anche con me, eppure non miravo alla sua vetta, "graziosamente piccola: il più aggraziato cono di neve che si fosse mai formato al sommo di una montagna" nelle ottocentesche parole di Edoardo Whymper. Con i miei amici, moderni predatori di stretti canalini incrostati di ghiaccio, miravamo all'effimera "Late to say I'm sorry", sulla Grande Rocheuse e declassavamo il nobile Couturier a semplice corridoio d'accesso. Ma spesso i veri nobili sciornano i villici con precise sferzate onde ricordare loro il posto che occupano lungo la piramide "alimentare".
La Grande Rocheuse che si trova all'immediata sinistra orografica della Verte ha la sua cuspide, dove s'inerpicano le vie moderne,  all'ombra in prevalenza se non al mezzogiorno ed al sorgere del sole.
I primi raggi che lambiscono la cresta dilatano il ghiaccio, allentano la neve e fanno puntualmente precipitare a valle qualche inopportuno proiettile.
Uno di questi, reso invisibile dal gioco di luci dell'aurora e sordo dal fato ha centrato la mia testa e il casco che la conteneva.
In un cinico gioco di sponda ha lasciato traccia di se anche su di un avambraccio e su di una gamba prima di inabissarsi.
Ed ora si cambia sport.
Nella mia settimana tipo conto alcune ore di "sparring partner" con calci e pugni e, nonostante il livello amatoriale spesso il ko si sfiora.
Quindi conosco la sensazione liminare di essere separato dai propri sensi.
Alcuni atleti vantano la qualità del recupero rapido, non cadono, barcollano si riprendono continuano e smaltiscono con calma a casa.
Appellandomi a tutte le residue forze gli ho imitati. Ho  stretto  le picche  appoggiando la fronte alla parete. Mai cadere. Cercavo di controllare il respiro.  Osservavo stupito grosse gocce rosse fare tondi rosoni  sul ghiaccio davanti a me.  Si sarebbero poi rivelate poca cosa: il casco si era violentemente calcato sulla mia fronte schiacciando gli occhiali sul setto nasale e causando un abbondante anche se breve sanguinamento.
Ben intontito ho raggiunto la sosta e rassicurato gli amici attoniti. Procedendo in quel momento "di conserva" non osavamo immaginare le conseguenze di una  caduta. Pero' ero più o meno ancora abile.  Nessuna resa. Avrei continuato.
Altro problema. Osservandola dal sotto "Late to say" presentava un breve ma cruciale tratto scoperto, la via puo essere percorsa solo se ben formata. Ricalibrare un'alternativa. Il verticale corridoio di "Vivagel" era pronto, mentre la nuova "Oh Yeah", misto d'ingaggio,  men che meno formata. Quindi ci siamo goduiti la goulotte e completata la salita. In discesa abbiamo optato per la linea di doppie  su "Late", queste  hanno evidenziato il tratto scoperto e l'alto livello della via.
Poi ha a ritroso sul Couturier da Abalakov ad Abalakov (canaletto nel ghiaccio su cui si ferma un cordino di calata o si passa direttamente la corda ) più un po di disarrampicata a 70 gradi tanto per gradire.
A caso ripensato ringrazio la buona sorte e la sua Dea Fortuna.
La  qualita' del casco a deformazione plastica (ritirato dall'onorato servizio ) e la mia attitudine ad assorbire le forze da skock senza subire ko. Ko che "l'arbitro" non avrebbe contato  se non all'infinito.
 

Si possono consultare in rete, e vedere le foto,  due racconti  della nostra salita:
http://www.up-climbing.com/it/news/alpinismo/vivagel---grande-rocheuse